Un’esperienza con lo psicodramma a scuola

Lo psicodramma a scuola

“Educare”, come affermava Freud, è uno dei mestieri impossibili insieme a “curare” e “governare”

L’Istituto che ha richiesto, da parte nostra, un intervento di tipo psicologico, si è trovato in difficoltà con una classe che sembra essere penalizzata dalla precarietà degli insegnanti.  Alcuni genitori hanno sporto lamentele:  “Gli insegnanti cambiano tutti gli anni;  alcuni di loro, anche durante lo stesso anno scolastico, per vari motivi (ad esempio, una gravidanza).

Non hanno tempo sufficiente per conoscere i ragazzi, le loro difficoltà.

Nella classe sono presenti più allievi che hanno bisogno dell’insegnante di sostegno.  La loro presenza rallenta il lavoro con gli altri allievi”.

Gli insegnanti, dal canto loro, lamentano la totale assenza di regole, negli studenti:  “Sono più piccoli della loro età.  Non stanno seduti, si fanno dispetti, sono sempre pronti a puntarsi il dito contro, giocano durante le ore di lezione, non si accorgono neppure quando entra l’insegnante in classe;  occorre una buona dose di energia per attirare la loro attenzione ogni volta.  Spesso non portano ciò che è necessario per la lezione…..”.

“Nel nostro tempo l’insegnante è sempre più solo” afferma Massimo Recalcati.  E questa solitudine non riflette solo la sua condizione di precariato sociale, ma anche la rottura di un patto generazionale con i genitori.  I genitori, anziché sostenere l’azione educativa della scuola, di fronte al primo ostacolo, preferiscono spianare la strada ai loro figli, togliere gli ostacoli, evitare l’inciampo, per esempio cambiando scuola o insegnanti, insomma recriminando continuamente contro l’Altro (con l’A maiuscola per significare l’Altro della Istituzione) come fanno i loro stessi figli.

Un tempo l’alleanza tra genitori e insegnanti non era mai in discussione con il rischio (a volte) di giustificare derive autoritarie del processo educativo.  Oggi questa alleanza tende a dissolversi.  L’ostacolo della differenza generazionale e dell’insuccesso scolastico viene vissuto solo come una frustrazione da evitare.

Il quesito che si pone sempre più spesso è, ancora una volta, “come costruire una relazione soddisfacente fra Scuola, genitori, allievi?”.

 

Metodologia

 Il lavoro si è svolto nell’arco di un mese e mezzo.

Un incontro preliminare con i genitori degli allievi, uno con gli insegnanti della classe.

Poi, con l’utilizzo dello Psicodramma freudiano, quattro sedute  con i genitori, quattro con gli insegnanti e tre con gli allievi.

La nostra proposta è quella di mettere al lavoro di riflessione “soggetto per soggetto”;  quindi, valorizzando le differenze individuali mettendole in dialettica con il sapere collettivo trasmesso dal sociale.

Lo Psicodramma è un gruppo i cui partecipanti lavorano in modo particolare;  infatti, oltre che parlare, hanno la possibilità di “rappresentare”, cioè, mettere in scena, brani del proprio racconto.

Alla drammatizzazione si dà il nome di gioco che, come sappiamo dall’osservazione dei bambini (e dal fatto di esserlo stati), è una attività molto seria.  Nello psicodramma, il gioco apre a un’altra dimensione rispetto alla realtà pura e semplice.

Il gioco ha sempre delle regole;  costituisce un modo suadente per constatare che, senza regole, c’è il caos .  Lo si può definire un’azione libera, consapevole e al di fuori della vita consueta;  azione che si svolge con ordine, secondo date regole e suscita rapporti sociali.

Il gioco, nello Psicodramma, è un “operatore” in quanto mette in atto, nella forma di finzione, comportamenti diversi, ma sicuramente non improduttivi perché si producono pensieri nuovi grazie al confronto con gli altri.

Quando si gioca si fa “come se”;  si è in un’altra scena e si possono scoprire cose impreviste che il racconto non era riuscito a cogliere.

Il passaggio dal racconto al gioco costituisce lo specifico dello Psicodramma e permette di interrompere le dinamiche di gruppo, cioè l’induzione a ricoprire dei ruoli stereotipati.

Si scelgono fra i componenti del gruppo quelli/o che saranno i partner nella rappresentazione e si gioca.  Ogni volta è un mettersi in gioco in prima persona.

Nello Psicodramma si giocano solo scene avvenute nella realtà della propria storia, episodi del passato o del presente;  non vengono rappresentate fantasie o immaginazioni.  Possono essere rappresentati i sogni in quanto sono una produzione del pensiero del soggetto.

Si potrebbe anche dire che, nel gioco, il soggetto rappresenti un quadro che, molto spesso, illustra la posizione che si trova a occupare nei confronti dell’Altro, la posizione in cui si sente messo dall’Altro, da qualcuno in particolare o dagli altri della sua vita.

Si passa dall’evento vissuto nella realtà a una rappresentazione di esso che, inevitabilmente, non sarà identico a quello vissuto originariamente, soprattutto perché la persona (o le persone)  che sarà scelta per rappresentare ciò che è stato raccontato non è la stessa della realtà.  Si apre, così, la possibilità di riflettere su quanto è accaduto durante la rappresentazione, sia da parte dell’agonista (la persona che ha aperto il discorso), che da parte dell’antagonista (la persona scelta) e anche di quelli che sono stati solo spettatori.

 

Considerazioni sul lavoro svolto

 La classe è stata divisa in due gruppi simili.  Gli allievi erano troppi per formare un solo gruppo di lavoro. In ogni gruppo era presente un insegnante della classe che, tuttavia, non svolgeva la propria funzione, bensì era inserito nel gruppo come partecipante.

Per facilitarli, come normalmente si fa, sono stati proposti tre temi all’inizio di ciascuna seduta:  “Scuola”, “Amicizia”, “Famiglia”.

I genitori e gli insegnanti, invece, sono stati lasciati liberi.

In questi ultimi è presente un conflitto con le famiglie e un sentimento di frustrazione nei confronti degli allievi.  Le famiglie hanno l’impressione che la classe dei loro ragazzi sia un po’ una classe di serie B.  Ci si rimbalzano le responsabilità:  “E’ la Scuola che dovrebbe….”, “Sono i genitori che dovrebbero….”.

Durante il lavoro, non si sono verificate situazioni di impedimento allo svolgersi dello Psicodramma.

Pur essendo partiti da una condizione contrassegnata dalla inibizione, si è prodotto un lavoro di pensiero che ha aperto possibili, nuove visioni della realtà.  In particolare, si è avuta l’impressione che, lo spiazzamento di fronte a certi comportamenti degli allievi, come l’aggressività (attraverso whatsapp, insulti, minacce….), la tendenza all’isolamento, l’eccessiva emotività colta dagli insegnanti, abbiano lasciato uno spazio di curiosità.

Non si tratta di cercare un colpevole da mettere sotto accusa, né di colpevolizzarsi, bensì di intravvedere la possibilità di inventarsi una nuova modalità di relazione con l’altro.

Allora.  Gli allievi hanno avuto modo di constatare che, i compagni, se interpellati, rispondono (un’allieva si è sorpresa quando i compagni chiamati a giocare, sono stati disponibili;  un’altra è riuscita a darsi la possibilità di parlare con un compagno che la prendeva in giro e, così facendo, a stabilire un rapporto amicale…….).

Gli insegnanti stessi hanno colto la disponibilità dei colleghi a mettersi in gioco che è una manifestazione del desiderio di poter fare un buon uso del rapporto con l’altro.  I giochi hanno evidenziato la facilità a scivolare nel posto dell’altro perdendo di vista il proprio.

I genitori hanno colto una occasione di riflessione.  Non esiste la soluzione perfetta, ma esiste la propria soluzione, nuova giorno per giorno, senza pensare che sia definitiva e che sia l’altro a doverti dire come si fa.  Tutto ciò a fronte delle questioni portate nel gruppo:  “I ragazzi non ascoltano;  quando tutto sembra tranquillo e le regole acquisite, ci si rilassa un po’, ma il problema riemerge…….”.

In fondo, si tratta di non opporsi alle critiche che gli insegnanti muovono alle famiglie, le famiglie agli insegnanti, le famiglie e gli insegnanti ai ragazzi, i ragazzi agli adulti, ma di constatare che ciascuno ha le proprie ragioni e solo tenendo conto di questo ci si può inventare una risorsa che porti a un atteggiamento diverso da quello che si è sedimentato e che può rivelarsi più proficuo, nell’interesse di tutti.

La soluzione è sempre nella capacità del soggetto.