Odio ed invidia

Odio ed invidia

odio ed invidia

Si dimentica spesso che i giochi sociali di ogni cultura hanno la loro radice nel cercare di canalizzare in forme socialmente accettabili. Basti pensare agli sport, molto diffusi e seguiti i giorni nostri.
Quella che è la supposta aggressività insita nell’uomo, si manifesta attraverso l’odio e l’invidia.
Il gioco psicodrammatico, come individuato dai Lemoine grazie alla conoscenza di Freud e Lacan, segue altre direzioni. Per la psicocanalisi non c’è aggressività ma odio ed invidia. La pratica dello psicodramma freudiano tende a fare toccare con mano che odio ed invidia sono sempre anti economici, inefficienti. Gli unici effetti che tendono a manifestarsi sono l’aumento della psicopatologia negli individui e nelle civiltà. Di conseguenza, ci si dovrebbe allontanare e distaccarsi dalle persone che provano odio e invidia poiché sintomi di latente aggressività distruttiva.

Legami

Legami

legami
Quello che viene constatato da tutti è che gli uomini hanno dei legami tra loro. E’ stato Freud che ha evidenziato un particolare tipo di legame che si verifica in tre condizioni; nonostante possano sembrare apparentemente diversissime tra loro, le dinamiche si ripetono.
Queste tre condizioni sono:

  1.  del legame tra i membri di un gruppo o di una massa (in una classe, nel posto di lavoro,…);
  2. il legame tra un paziente e un curante ( l’ipnotista, il medico, lo psicanalista,…);
  3.  il legame tra due innamorati

Il tratto che Freud riconosce, e che accomuna questi tre legami, è la rinuncia al proprio Io, sostituendolo con il capo, cioè con qualcuno che viene messo in una posizione di superiorità e quindi di comando.
È possibile un altro tipo di legame? Dalla nostra esperienza di psicodrammatisti freudiani questo è possibile; non girando un interruttore, ma mettendo al lavoro una capacità, quella di fare una elaborazione, insita in modo più o meno residuale in tutti.

Appuntamento con l’altro

Appuntamento con l’altro

appuntamento con l'altro
Ci sono tanti modi nella nostra vita quotidiana per evitare l’ appuntamento con l’altro. Il valore di darsi un appuntamento consiste nel fatto che si tratta di un patto. Tutti sappiamo che quando incontriamo per caso una persona e ci diciamo con calore “Ci risentiamo presto” avvertiamo, probabilmente entrambi, che questo rimandare significa in realtà che non abbiamo molto interesse nel rivederci.

Appuntamento con l’altro

Super Io

Il Super Io

Super Io
Una partecipante ad un gruppo si rende conto che nei rapporti con gli altri cade spesso in un “gioco”.
Si tratta del gioco della ripetizione o meglio della coazione a ripetere; il passo successivo, grazie al lavoro degli altri partecipanti, è stato quello di prendere in considerazione che il gioco da cui si vuole uscire ha a che fare con l’idealizzazione del rapporto con l’altro.
Vale a dire che il proprio Io è stato alterato (come dice Freud) da una istanza chiamata appunto Super Io.

Super Io

Cambiare direzione

Cambiare direzione

cambiare direzione

Spesso nei nostri gruppi emerge una tematica che ha a che fare con l’idea che un cambiamento è pressoché impossibile perché estremamente difficile.
In effetti i pazienti, prendendo atto della loro coazione a ripetere,  si sentono impossibilitati ad uscire da questa ripetizione definita da Freud come demoniaca.
Come tutti noi essi contrappongono il difficile, o l’impossibile, al facile.
In realtà si tratta di trovare un’altra direzione. La similitudine che si può fare è come se tutti si accanissero a spingere una porta per aprirla perché non vedono il cartello tirare.
Si tratta non della vista che non funziona, ma della Rimozione.

l’altro come oggetto

l’altro come oggetto

l'altro come oggetto
Vi è un interrogativo che spesso si presenta nel lavoro dei pazienti in gruppo. Esso è conseguenza della constatazione che il rapporto con l’altro non è fonte di beneficio ma di malessere.
Può prendere l’aspetto: “Dipende da me o dall’altro?” oppure : “Devo rassegnarmi al sentimento della solitudine o sto commettendo un errore intorno al quale non ho consapevolezza?”.
L’errore dipende dal fatto che si crede di avere a che fare con un altro mentre, in realtà, si vorrebbe avere a che fare con l’altro come oggetto.

l’altro come oggetto

Chi pena fa, pena ti dà

Chi pena fa, pena ti dà

chi pena fa, pena ti dà
“Chi pena fa, pena ti dà” è una frase della tradizione popolare citata da un partecipante ad un gruppo di psicodramma freudiano. Il lavoro che si è svolto nella seduta ha permesso di avanzare al di là della semplice constatazione. Si è evidenziato che c’è a monte una difficoltà di giudizio quanto alla dignità dell’altro. Vale a dire che il giudizio non è esercitabile perché impedito dal pregiudizio riguardante “l’amore”.

Dire no all’altro

Dire no all’altro

dire no all'altro

La questione del sacro e di conseguenza la questione del sacrilegio  è purtroppo di grande attualità.
La stessa problematica è rintracciabile nella vita “privata” di ciascuno di noi; come ci ha dimostrato una recente seduta. Questa ha permesso ai partecipanti di verificare che quello che è sacro per uno è del tutto indifferente per un altro, di conseguenza non si rischia per fortuna di tagliare la testa a chi la pensa diversamente da te. Quello che si rischia è comunque di dire drasticamente no al legame con l’altro.

Dire sì, dire no

Dire sì, dire no

 

La tradizione ci insegna che dovremmo, per essere sani, fare in modo che il nostro dire Sì equivalga davvero ad un Sì, e che il nostro dire No equivalga davvero ad un No.
È un buon suggerimento, anche se l’esperienza ci dimostra che non è facile.
Perché?
Il lavoro che si è svolto in un gruppo ci ha indicato che la difficoltà deriva da una alterazione del nostro Io ( chiamato da Freud Super io) che si impone con divieti e comandi facendo leva sulla nostra paura di perdere l’amore, l’amore presunto dell’Altro.

Dire sì, dire no

Capire l’altro o impigliarsi?

Capire l’altro o impigliarsi?

impigliati
Tutti siamo tentati di cercare di capire l’altro come se questo fosse l’unico modo per rasserenarci. Purtroppo la realtà è diversa; come ci ha dimostrato il lavoro che si è svolto in una seduta recente. In effetti più si cerca di capire l’altro e meno ci si accorge se l’altro ci tratta bene o ci tratta male. Ne deriva l’impossibilità di esprimere un giudizio sul comportamento nocivo o benefico del nostro partner rispetto a noi e viceversa. La conseguenza, o il rischio, è quello di rimanere impigliati con l’altro.

Arrabbiarci con chi ci contagia del suo male?

Arrabbiarsi con chi ci contagia del suo male?

arrabbiarci con chi ci contagia del suo male

È difficile non essere arrabbiati con chi ci ha contagiato anche semplicemente di un banale raffreddore.
Come se non sapessimo che il malessere che proviamo dipende esclusivamente dal virus. Su questa linea i nostri pazienti che cominciano ad accorgersi che il loro disagio è stato indotto dai loro genitori rischiano di finire per odiarli. In realtà sono le loro teorie, le loro visioni del mondo, che ci hanno contagiati. Fino a quando non si riesce a fare questa distinzione, anche allontanarsi dai genitori non serve.

Arrabbiarci con chi ci contagia del suo male?

 

Il rapporto sessuale non esiste

Il rapporto sessuale non esiste

il rapporto sessuale non esiste

E’ frequente che delle donne che si scambiano confidenze tra  loro riguardo la propria vita sessuale finiscano per consolarsi nel ritrovarsi in una conclusione comune.
La conclusione consolatoria è: meglio chiudere con la sessualità.
Sono forse, a modo loro, tutte lacaniane? Vale a dire se non c’è rapporto sessuale tanto vale rinunciare all’amore prima possibile.

Il rapporto sessuale non esiste